Negli ultimi giorni sta venendo fuori un trend sulle pagine relative all’NBA su come gli anni novanta non siano questo granché, come invece le si vorrebbe far passare. Ore intere di filmati dove si vede Jordan non usare la sinistra, essere invitato al tiro da tre dalle difese sbagliate e così via. Una narrazione opposta a quella di qualche anno fa, in concomitanza con l’uscita del documentario “The Last Dance” dove invece si affermava che gli anni d’oro del basket erano quelli di MJ, Magic Johnson e Larry Bird; difese dure e cattive, non quelle di adesso. Ovviamente entrambi i trend sono tossici, con esaltazioni tipiche della narrazione web dove non esistono mezze misure e anzi, si tende all’estremizzazione positiva o negativa. Narrazione che culmina nel GOAT, il migliore di tutti i tempi; il giocatore più forte in assoluto.
Tagliamo subito la testa al toro: è impossibile definire un giocatore simile, perché il gioco si evolve di decennio in decennio e questo vale per tutti gli sport. Il tasso tecnico per entrare in NBA oggi è dieci volte più alto di quello di trent’anni fa, perché ai giocatori viene chiesto di saper fare molte più cose e anche di farle bene. Ora abbiamo lunghi temibili da tre, centri che fanno i playmaker e playmaker che tirano come delle guardie nude e crude. Questo porta per forza di cose a definire migliori da un punto di vista tecnico i giocatori di oggi, perché non abbiamo alcun dubbio che Embiid o Jokic in un uno contro uno contro Ewing o Olajuwon vincerebbero.
Certamente con qualche fatica, ma vincerebbero. Perché man mano che passano gli anni si paga la “Era tax”: la tassa del decennio, per i motivi elencati poco più in alto. Ovviamente questo succederà anche in futuro, quando il basket sarà uno sport per alieni tutti alti e tecnici come Wembanyama e il gioco di oggi verrà superato. Possiamo sicuramente definire chi è il più forte per ogni Era: Jordan negli anni novanta, Bryant nei duemila e LeBron negli anni dieci. Ma il più forte tra tutti questi è impossibile da definire: perché Magic e Bird pagherebbero la Era Tax con Jordan, così come Kobie lo farebbe con James. Detto questo le chiacchiere da bar su chi è il migliore non hanno senso, sarebbe invece più sano a livello sportivo riconoscere come leggende per quello che hanno portato a questo sport certi giocatori. Senza doverli immaginare per forza uno contro uno, un pensiero che può andare bene su certe realtà ma non per chi vuole elevare una narrazione sportiva che si sta appiattendo molto nell’ultimo decennio.
Gianmarco Mannara