Il calcio è diventato lo sport più amato in Italia per due ragioni fondamentali: è semplice da capire e le regole arbitrali sono soggettive, questo porta le persone a parlarne il giorno dopo creando le classiche “chiacchiere da bar”. Una delle pratiche più diffuse in Italia che potremmo paragonare al terzo tempo nel rugby, e difficilmente in questi contesti si affronta un’analisi come si deve sulla partita vista il giorno prima. Questo non avviene perché le persone non ne siano in grado però, sia ben chiaro. Spesso infatti anche nei salotti sportivi in televisione si ripetono a menadito dei concetti (il più delle volte troppo scolastici per essere applicati alla realtà) che vanno ad appiattire i discorsi e soprattutto le analisi sullo sport che amiamo tanto.
Ci riferiamo alle fantomatiche “è meglio Ronaldo o Messi? Pelé o Maradona?” E via discorrendo. Ora una risposta seria sarebbe: sono giocatori diversi, che ricoprono ruoli diversi e un confronto è difficile se non impossibile. Si cade dunque nella soggettività. Soggettività che è il minimo comune denominatore della maggior parte delle dichiarazioni degli addetti ai lavori. Questo non fa che aumentare un circolo vizioso in cui il calcio rimane fuori da analisi concrete, preferendo quelle che fanno felici tutti. Ora ad esempio si esaspera il bel gioco, eppure due allenatori diametralmente opposti come Ancelotti e Guardiola martedì hanno pareggiato. Quindi non si vince sempre giocando bene giusto? Allora perché non lo si dice?
La componente soggettiva ovviamente non può essere tolta, e noi non vogliamo stigmatizzare una certa narrativa. Preferiremmo di gran lunga in un bilanciamento, non vedendo una bastardizazione sportiva in favore di commenti che possono fare tutti. Così il calcio non può andare avanti, perché capiamo che un linguaggio e un’analisi semplice riesce ad attecchire meglio rispetto ad un simposio pieno di paroloni, ma non è quello che infatti stiamo dicendo. In America, esistono content creator come Thinking Basketball: per chi non lo conoscesse è un ragazzo che conosce a meraviglia la pallacanestro e che analizza in maniera tecnica varie sfumature di questo sport. Nel calcio questo non può avvenire perché per colpa dell’analisi sportiva odierna diventa difficile spiegarle, sarebbe come far leggere i promessi sposi a chi sa solo le prime tre lettere dell’alfabeto.
Noi non vogliamo lamentarci, nel nostro piccolo cerchiamo di entrare il più affondo possibile nei contenuti che portiamo. Volevamo però fare un’analisi da un punto di vista diverso, cercando di alzare l’asticella dei lettori. Perché solo in questo modo la narrazione che merita questo sport potrà vedere la luce.
Gianmarco Mannara